Leila di Antonio Fogazzaro (1910): Massimo fu ora costretto a dire di sè, della sua renitenza a esercitare la professione benché avesse ormai compiuto e studi e pratica, delle occupazioni che ne lo avevano distratto. Anche qui si figurò che don Aurelio avesse parlato, che il signor Marcello sapesse delle sue conferenze, delle sue pubblicazioni di carattere filosofico-religioso, delle aspre guerre, delle contumelie che si era tirate addosso da diverse parti, della stanchezza di spirito e del desiderio di pace che lo avevano condotto alle solitudini montane di Velo d'Astico.
Senilità di Italo Svevo (1898): Gli raccontarono che da qualche minuto Amalia parlava continuamente della sua malattia. Non poteva questo essere un indizio che la febbre fosse diminuita? Egli stette a udire, ben convinto che s'ingannavano. Infatti ella delirò: — Mia colpa se sto male? Torni domani, dottore, e starò bene. — Non sembrava ch'ella soffrisse; aveva la faccia piccola, misera, oramai proprio la faccia appropriata a quel corpo. Sempre guardandola egli pensò: — Ella morrà! — Se la figurò morta, quietata, priva d'affanno e di delirio. Ebbe dolore di aver avuta quell'idea poco affettuosa. S'allontanò un poco dal letto e s'assise al tavolo, ove s'era posto anche il Balli.
I promessi sposi di Alessandro Manzoni (1840): Ma Gertrude, ammaestrata a una scola infernale, mostrò tanta maraviglia anche lei, e tanto dispiacere di trovare una tal ritrosia nella persona di cui credeva poter far più conto, figurò di trovar così vane quelle scuse! di giorno chiaro, quattro passi, una strada che Lucia aveva fatta pochi giorni prima, e che, quand'anche non l'avesse mai veduta, a insegnargliela, non la poteva sbagliare!... Tanto disse, che la poverina, commossa e punta a un tempo, si lasciò sfuggir di bocca: “e bene; cosa devo fare?” |