Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio (1968): Deviò verso la periferia e poi diritto al fiume: voleva andarsene a metà argine fra il ponte e le rocce bianche, a fumarsi una sigaretta (l'ultima del programma pomeridiano) chino sui ginocchi tra l'erba già intirizzita, gli occhi a trafiggere l'invulnerabile velo delle acque. Ma quando stepped sull'ultimo argine, lo attrasse irresistibilmente la visione del ponte squarciato, la sua lacerazione ancora fresca come cruenta nel cielo di ghisa ed immediatamente vicino. E così la visione del nuovo lavoro del traghetto. Risalì dunque la riva fino a un cinquanta passi dall'imbarcadero del traghetto.
Carthago di Franco Forte (2009): Annibale non lo ascoltò neppure. Deviò la punta di una picca scagliata contro il suo petto, ruotò su se stesso e con forza formidabile abbatté un avversario che stava cercando di colpirlo al fianco con la spada. Poi, quasi senza soluzione di continuità, lasciò partire un fendente che aprì uno squarcio nella coscia di un saguntino e avanzò di un altro passo nella mischia, portandosi fuori dal cerchio di protezione dello Squadrone Sacro.
Azzurro tenebra di Giovanni Arpino (1977): Arp deviò lo sguardo sul Manager. Sedeva in un angolo, all'estremità del tavolo, chine le bozze frontali. Aveva un colore malato, che fioriva sul dorso delle mani e lungo le guance in sfumature ora troppo buie ora d'un ambiguo rossore. Cercava di fronteggiare quella trincea d'occhi e di macchine fotografiche come un cane colpevole, inutilmente ostinato a spalmarsi contro il muro. |