Boria, Alterigia, Alterezza, Superbia, Orgoglio, Burbanza, Ambizione, Vanità, Vanagloria, Arroganza, Presunzione, Albagia, Pretensione - La boria è la manifestazione della superbia, è un rigonfiarsi per cose vane e insulse, e quel voler far trasparire negli atti esterni il merito che si ha, o la gloria che si crede ridondare su noi da vani titoli, da altezza di parentele o di aderenze, e perfino dalla grandezza della nazione a cui s'appartiene: la boria spagnuola era passata in proverbio; ora hanno ad essere più dimessi, avendo perdute le miniere del Perù e quasi ogni altra ricca possessione da cui essa prendeva il maggiore alimento. Burbanza è peggiore di boria poichè racchiude eziandio l'idea di dure parole verso di altri, e di atti insolenti. La superbia è la torbida fonte da cui tutti questi malnati sentimenti derivano: poichè la superbia è nell'intimo del cuore, è la cancrena che ne corrode la carità; e l'uomo anche più povero e in apparenza più umile può essere cordialmente e profondamente superbo. La superbia adunque, se talora pur s'appalesa nell'opere, qualche volta se ne sta nascosta, specialmente quando non può all'altezza del sentimento proprio gli atti esterni adeguare; ed è appunto allora che una certa modestia chiamasi falsa: l'orgoglio invece è superbia smascherata e palese; egli è più odioso della superbia, perchè più manifesto, perchè molte volte più vano ne' suoi motivi, e forse perchè essendo cosa tutta artificiale non ha la scusa che, come passione vera, porta con sè la superbia nell'umana fiacchezza. L'alterigia molto partecipa dell'orgoglio; questo però è più nella riflessione, quella più nel carattere; questo talora per ostentazione d'una falsa virtù propria non bada a piccole offese se gli vengon da persone di molto inferiori e ch'egli conta per nulla al mondo; questa invece di ogni cosa s'adonta, si lagna, s'accende; l'orgoglio è serio e severo, l'alterigia preoccupata, irascibile. L'alterezza fra tutte le fasi e metamorfosi della superbia è la meno dannevole: val quasi un sentir alto di sè e delle cose che ci toccano; e come il sentir bassamente può essere vigliaccheria o conseguenza di profonda depravazione, perciò una certa alterezza nell'uomo è scusabile: può essere una esagerazione di delicati sentimenti, di naturale ritrosia, cui l'uomo fornito di vera carità dovrebbe sorpassare; ma se non è sentimento virtuoso, non può dirsi neppure vizioso a tutto rigore. L'albagia è un principio di boria, un misto di vanità e di presunzione; il suono e il senso della voce alba di cui è composta induce a farmela concepire come una presunzione o vanità giovanile più compatibile che ridicola. L'ambizione è desiderio d'onore o di distinzioni onorifiche: la superbia nell'ambizione sta nascosta molto accuratamente, poichè se v'è chi ambisce onori e glorie mondane, v'è perfino chi ambisce parere umile e santo: l'ambizione sacrifica o dissimula anche l'orgoglio per giungere ai suoi fini; in questo caso può dirsi che non ha di superbo che lo scopo. Una giusta e moderata ambizione, quella che risulta dalla coscienza del vero merito, quella che non ricerca che il dovuto premio a diuturni sforzi, a faticosi studii, non solo è innocente ma è pur commendevole, e sarà uomo dappoco chi non ambisce aver fama di galantuomo e d'uomo onesto. La vanità e una vana illusione che ci facciamo circa il proprio nostro merito, e quel voler trarre vanto da cose da poco o da nulla: vanità delle vanità! come ben la definisce la Scrittura. E' difetto della mente, piuttosto che vizioso affetto del cuore; «proviene da leggerezza e da vacuità» dice Tommaseo; è il pascolo degli sciocchi che amano rigonfiarsi di vento; è lo scoglio delle donne e di quegli uomini che alle donne somigliano, per cui la forma esterna, o per meglio dire la veste è tutto, e nulla credono degno di stima in altri e in sè che la vana apparenza.
«La vanagloria è un po' men fatua della vanità: s'aggira intorno cose un po' più serie, le considera in modo più serio: è una specie d'ambizione, ma desiderosa non d'altro che della stima degli uomini. La vanagloria è men leggera della vanità, ma più innocua della superbia, dell'orgoglio; meno brigante dell'ambizione; meno ardita o audace della presunzione o dell'arroganza; si sfoga d'ordinario in parole». Tommaseo.
Il vanaglorioso troppo amante delle lodi degli uomini è capace di mentire alla propria coscienza per ottenerle; questa gloria così mercata è vana, falsa e colpevole. La presunzione deriva in gran parte dalla vanità; chi non conosce bene le proprie forze, chi travede circa i meriti proprii presume più che non può fare: se poi la presunzione è sostenuta con immoderate parole, con provocazioni, con isfrontate accertazioni di capacità, è arroganza: arrogare a sè è quasi voler credere che ci sia dovuta una cosa necessariamente; or l'uomo nulla è più disposto a negare quanto ciò che era già pronto a dare, se ne venga con arroganza richiesto: l'arrogante è adunque il meno scaltro de' superbi, degli orgogliosi, de' presuntuosi, de' vani. La pretensione non sarà biasimevole se non passerà i limiti del dovere e della giustizia: l'uomo può e deve avere la pretensione di essere rispettato; ma se avesse quella che altri lo lodasse, anche meritandolo, sarebbe uno scioccone, e per poco un pazzo. [immagine] |
Vanagloria - e † VANAGROLIA. S. f. T. Sentimento che ci fa desiderare e accattare quella che a noi par gloria, e non è che un fatuo e smoderato amore di lode e di nominanza, anco per cose da nulla. Gr. Κενοδοξία. Lat. Vana gloria.
S. Ant. Confess. (C) Vanagloria è un desiderio di gloria mondana; ed è questo peccato mortale. Maestruzz. 2. 5. La radice di tutti i mali è la superbia; e di questa nascono sette vizii, cioè, la vanagloria… Della vanagloria, secondo questo Dottore, nascono sette figliuole: la disubbidienza, il vantamento, ipocrisia, contenzione, pertinacia, discordia, e presunzione di novitadi. E 2. 7. 3. Niuno non va cercando i precipui vestimenti e preziosi, eccedendo lo stato proprio, se non per vanagloria. Pass. 286. Puote esser l'appetito e 'l desiderio della gloria vizio e peccato, quando… si desidera, ma vanamente; e allora s'appella vizio di vanagloria. Dant. Purg. 11. Oh vanagloria delle umane posse! Ott. Com. Purg. 11. 171. Vanagloria, secondo Agostino, è un giudizio falso d'uomini, che stimano sè esser ottimi, e vogliono parere ottimi.Bocc. Nov. 2. g. 4. Cominciò a volerla riprendere, e dire che questa era vanagloria. Din. Comp. 2. 43. La vanagloria il guidava, e molti servigi facea. Rett. Tull. 100. Questo è pieno di vanagrolia.
T. Cavalc. Specch. Penit. 226. È manifesto segno ch'e' maestri e' predicatori sieno amadori avolteri della vanagloria, quando, predicando e insegnando, lasciano le cose utili e necessarie alla salute degli uditori. Sen. Pist. volg. 204. Il guiderdone delle quali (cose) non sarà corona di vanagloria, ma vertù e fermezza d'animo, e pace certa. [G.M.] Segner. Mann. Febbr. 7. Son quei tre vizi, che più di tutti gli altri son puramente spirituali: la vanagloria, l'iracondia, l'invidia. E11. Se tu non ti guardi da' peccati veniali, dalla vanagloria, dalle invidiette, dalle continue trascuratezze. E Giugn. 9. La vanagloria, che fa che follemente ti gonti fra te stesso nel tuo sapere. E Ag. 22. I tuoi frequenti pensieri di vanagloria. Bertin. Risp. Lucard. S'era dannato per la vanagloria. |