Il nome della rosa di Umberto Eco (1980): “Non pronunciare più il nome di quella serpe!” urlò Ubertino, e per la prima volta lo vidi trasformarsi, da accorato che era, in adirato. “Egli ha insozzato la parola di Gioacchino di Calabria e ne ha fatto fomite di morte e sporcizia! Messaggero dell'Anticristo, se mai ve ne furono. Ma tu Guglielmo parli così perché in verità non credi all'avvento dell'Anticristo e i tuoi maestri di Oxford ti hanno insegnato a idolatrare la ragione inaridendo le capacità profetiche del tuo cuore!”
Il «fumo» di Luigi Pirandello (1904): – Io penso, invece, – gridò don Mattia, esasperato, – penso che lui, là, povero pazzo, è morto come un minchione, per la sua stolidaggine, e che io, intanto, più pazzo e più stolido di lui, son bell'e rovinato! Oh, ma – tutti testimoni davvero, voi qua – che in questa campagna io ho speso i miei denari, il sangue mio: lo direte… Ora andate ad avvertire quel bel galantuomo di Saro Trigona e il pretore e il delegato, che vengano a vedere le prodezze di questa… Maledetta! – urlò, con uno scatto improvviso, strappandosi dal capo il cappellaccio e lanciandolo contro la scimmia.
Naufraghi in porto di Grazia Deledda (1920): Gli occhi obliqui di Giacobbe scintillavano. Giovanna si alzò, e dritta, livida, tragica, vuotò tutto il veleno che aveva nell'anima: insultò il marito e la suocera: li chiamò aguzzini, minacciò di andarsene, di ammazzarsi; maledisse l'ora in cui era entrata in quella casa, urlò rivelando il debito verso la sorella di Giacobbe. |