La messa di nozze di Federico De Roberto (1917): A un fischio di locomotiva, breve, acuto, lontano, egli si riscosse, si guardò intorno. La stazione era ancora deserta; il padrone del Caffè sonnecchiava dentro un bussolotto illuminato dalla fiamma gialla d'una lampada a gas; il cameriere, dinanzi al banco delle vivande, parlottava con un manovratore. Egli ripiegò la lettera e la richiuse nel portafogli. Si versò un poco di latte e di tè, ne assaggiò un sorso, e ripose la chicchera.
L'edera di Grazia Deledda (1920): Un passo in cucina: poi di nuovo silenzio. Ah, si, senza dubbio, zia Paula era salita su, fino all'uscio della cameretta, e stava ad origliare; Annesa ne provava dispetto ed invidia: anche lei avrebbe desiderato salire la scaletta, mettersi ad ascoltare. Quasi vinta dalla tentazione, ripiegò il foglietto, s'avvicinò all'uscio e cominciò ad aprirlo, senza far rumore.
Il deserto dei tartari di Dino Buzzati (1940): Due parole e la testa di Angustina si ripiegò in avanti abbandonata a se stessa. Una delle sue mani giacque bianca e rigida entro la piega del mantello, la bocca riuscì a chiudersi, di nuovo sulle labbra andò formandosi un sottile sorriso. (Traendolo via la portantina, egli staccò gli sguardi dall'amico e volse il capo dinanzi, in direzione del corteo, con una specie di curiosità divertita e diffidente. |