Il segreto dell'uomo solitario di Grazia Deledda (1921): — Veramente non è malato, mio marito, è convalescente d'una malattia nervosa, ed è molto debole. Ha bisogno di una grande quiete.... e siamo venuti qui.... dove la quiete mi sembra anche troppa, — aggiunse, con aria d'inquietudine: e parve d'un tratto ricordarsi che il marito l'aspettava, là dentro la casetta chiusa. Riafferrò il collare del cane, disponendosi a rientrare, e concluse frettolosa: — del resto mio marito non esce, ancora; è anche un po' anziano. Scusi per il cane, sa, lo farò legare: ma non abbia timore, oramai le è diventato amico. Tu capisci. Fido, il signore è nostro amico.
La coscienza di Zeno di Italo Svevo (1923): Io tacevo sempre, ancora dubbioso. Mi pareva che m'avesse detto che io fossi divenuto quello ch'essa si era aspettata dovesse divenire Guido. Era dunque amore? Ed essa disse ancora: — Sei il migliore uomo della nostra famiglia, la nostra fiducia, la nostra speranza. — Mi riafferrò la mano e io la serrai forse troppo. Essa me la sottrasse però tanto presto, che fu dissipato ogni dubbio. E in quella buia stanzuccia io seppi di nuovo come dovevo comportarmi. Forse per attenuare il suo atto mi mandò un'altra carezza: — È perché ti so così che mi dolgo tanto di averti fatto soffrire. Hai veramente sofferto tanto?
La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano (2008): Denis fece un respiro profondo. Poi, come in un tuffo all'indietro, trovò il coraggio di parlare. «Matti, tu ce l'hai un segreto?» domandò all'amico. Mattia sembrò non averlo udito, ma il coltellino con cui stava tagliando un'altra sezione di muscolo gli sfuggì di mano e tintinnò sul piano metallico. Lo riafferrò con un gesto lento. |