Un uomo finito di Giovanni Papini (1913): Dove andavo a finire? Ci voleva poco a saperlo. Anche guardando in su, guardando in su con tutta la pazzia permessa ai mediocri, c'era questo: essere stampato da Treves, insegnare all'università, far parte d'un'accademia, ottenere (vecchio, cascante e rimbecillito) il premio Nobel…
Nelle nebbie del tempo di Lanfranco Fabriani (2005): — Possibilità scarse, qual è il fisico che rifiuta la fama imperitura, il Nobel magari, in cambio di una minaccia e di uno stipendio da funzionario di nono livello? Pensano sempre di essere più furbi.
Le rondini di Montecassino di Helena Janeczek (2010): «Niente. L'ho notato e basta.» Edoardo scruta le facce guardate tante volte, e spiega a Andy che quei baffi li porta persino Lech Walesa, «e se non sai chi è, il leader di Solidarnosc, Nobel per la pace», ma anche il tal cugino che aveva organizzato il giro in barca sui laghi Masuri, una delle vacanze con cui i Bielinski celebravano la possibilità ripristinata dal corso della storia di ritrovarsi assieme a tutta la famiglia. Invece gli scomparsi che si erano impressi nella sua retina da quando aveva aperto per la prima volta il sito della polizia polacca, presentavano volti imberbi: Michal Serbinowski e Rafal Zarczycki, uno moro, l'altro biondo, tutti e due con l'aspetto di un qualsiasi ragazzo in qualsiasi parte del mondo. |