La coscienza di Zeno di Italo Svevo (1923): Era venuta l'ora dei brindisi. Giovanni aveva ottenuta la concessione dal medico di sorbire a quell'ora un bicchiere di champagne. Gravemente sorvegliò come gli versarono il vino, e rifiutò di portare il bicchiere alle labbra finché non fosse stato colmo. Dopo di aver fatto un augurio serio e disadorno ad Ada e a Guido lo vuotò lentamente fino all'ultima goccia. Guardandomi biecamente mi disse che l'ultimo sorso l'aveva votato proprio alla mia salute. Per annullare l'augurio, che io sapevo non buono, con ambe le mani sotto la tovaglia feci le corna.
Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani (1962): Sedetti, e soltanto allora, stupito di avere osservato male, mi resi conto che la tovaglia non era affatto sgombra. Nel mezzo del tavolo c'era un vassoio d'argento, basso, circolare, e piuttosto ampio, e al centro del vassoio, contornato a due palmi di distanza da una raggera di pezzetti di cartoncino bianco, ciascuno dei quali recava una lettera dell'alfabeto scritta a lapis rosso, spiccava solitario un calice da champagne.
Malombra di Antonio Fogazzaro (1881): Steinegge non sapeva se mostrarsi allegro o dolente. Gesticolava, faceva mille smorfie, buttava esclamazioni teutoniche, come tappi di Champagne che partissero uno dopo l'altro. Prima di lasciar la camera tornò a supplicare Edith di pensarci, di riflettere, d'indugiare. Uscito finalmente, bussò pochi minuti dopo all'uscio per dirle ch'ell'era ancora in tempo di mutare la sua risposta, e che avrebbe potuto consultare il conte Cesare. Ma Edith gli troncò le parole in bocca. |