Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina (2020): (2) «Quando qualcuno, fumando, lascia cadere a terra il mozzicone. Ogni Capodanno da quando è morta mia madre e il sapore dell'o-seichi ryōri è buono, buonissimo pure, ma diverso. Quando mia sorella si struscia il rossetto sulla bocca prima di uscire e pare una donna. Ogni volta che qualcuno di noi rientra in casa e non si sente mamma dire okaerinasai.»
Bestie di Federigo Tozzi (1917): Ma, un capodanno, la mia donna si decise a comprarmi per regalo, avendo io insistito fin da un mese prima, quel libro del Verne che si chiama Nel paese delle pellicce. Io cominciai a leggerlo, ma non andavo mai in fondo; perché tornavo sempre alle pagine addietro. Finalmente, dopo un tre mesi, giunsi all'ultima pagina come se quelle avventure fossero toccate a me. E più d'ogni altra cosa, forse, mi rimase a mente una figura dov'era un orso che voleva entrare dentro una capanna.
Il resto di niente di Enzo Striano (1986): Come tante altre abitazioni di Napoli, ricche o povere, casa Serra di Cassano era pronta dal mattino per la veglia di Capodanno. Quasi tutti i saloni sgomberati per le danze, a disposizione persino il salottino cinese della vecchissima principessa Armida Carafa di Maddaloni, lei compresa, in quanto nessuno sarebbe mai stato capace di sloggiarla di là. Ma non dava fastidio: era una piccolissima vecchia sepolta dentro un abito cangiante nero e viola, in testa una cuffia spagnola epoca Viceré d'Ossuna. Se ne stava in un angolo, sferruzzando, se qualcuno l'interpellava, biascicava proverbi. Come profezie. |