Malombra di Antonio Fogazzaro (1881): Adesso si trovava proprio come in paradiso; Cesare si era sbottonato, gli altri si erano sbottonati, aveva potuto sbottonarsi anche lei e — oh Dio — si respirava. Adesso non c'era pericolo che la contessa Fosca avesse soggezione. O per complimenti a Marina o per blandizie a suo figlio, o per rabbuffi al conte e a Steinegge, o per apostrofi strambe ai domestici, o per esclamazioni e soliloqui, la sua voce era sempre in aria.
Col fuoco non si scherza di Emilio De Marchi (1900): Qualche volta egli si rimproverava questa debolezza nei frequenti soliloqui con cui istigava se stesso.— Che vuoi che faccia di te quella ragazza? che cosa vuoi ch'ella trovi in te, vecchio e rustico coltivatore di cavoli? ha ben altri ideali per la testa la signorina del Castelletto: o se per non saper far altro, si rassegnasse a sposarti, non ci sarebbe pericolo che s'ingannasse sulle sue stesse intenzioni e che vi trovaste ingannati a vicenda? Nel giuoco d'amore una sola è la partita e a chi tocca lo scacco matto è suo danno.
Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro (1901): Nessuno aveva preso l'uovo, né la guattera, né il cocchiere, né la cameriera. La marchesa andò in cerca del fattore che di solito dopo mezzogiorno pigliava un caffè in cucina. “Galo visto un ovo?„ “Un ovo, signora?„ Il povero fattore, non potendo negare di aver veduto un uovo durante la sua carriera mortale e non osando affermarlo in quel momento, rimase a bocca aperta. Intanto i cinque domestici, quale sulla scala, quale in una stanza, quale in un corridoio, quale in cucina, brontolavano soliloqui alquanto scorretti e l'uovo scomparso empiva la casa di sè. |