Un sogno di Federico De Roberto (1917): Accumulandosi l'oro e i biglietti di banca dinanzi a me, qualche cosa come ventimila franchi, mi parve di udire la voce di lei che ammonisse: «Ora basta!...»; ma non l'ascoltai, continuai a puntare, con eguale, con maggiore disinvoltura, come ebbro. E cominciai a perdere. La fortuna si era stancata. Non mi arrestai: volli sfidarla. A poco a poco tutta la vincita sfumò, perdetti anche il denaro che avevo portato meco. Quando non ebbi dinanzi altro che due monete d'oro, lasciai il posto, uscii nel giardino. Ella era ancora lì; le andai incontro, col cappello in mano.
Silvia di Matilde Serao (1919): No, non era più quella. La donna di prima, lettera morta, pagina bianca, era scomparsa, si era disciolta in quel tramonto d'oro liquido ed era subentrata la donna completa, viva, forte e buona: la madre. Negli occhi bruni e spenti, come quelli di una monaca, si accesero fiamme di amorosa dolcezza; la pelle si ammorbidì, si sfumò, divenne perlacea, ed un delicato color roseo vi si diffuse, come un gaio raggio di sole sulla neve; alle labbra rifluì il sangue ed il sorriso ed esse sbocciarono come una rosa;
Il vecchio della montagna di Grazia Deledda (1920): L'aspra fragranza delle nuove felci esalava intorno: egli dovette proceder ancora più cauto e lento attraverso la molle vegetazione rinascente, e intanto il passo del cavallo, lontano ormai, sfumò vie più, riducendosi quasi ad un fruscio, percepibile appena dal suo fine udito. Una volta egli cadde lungo disteso sul dorso; non si fece male perché l'erba attutì il colpo, ma perdette il bastone e dovette a lungo brancicare qua e là per ritrovarlo. In questa ricerca affannosa cessò di por mente al passo, e questo gli sfuggì del tutto. |