Il colibrì di Sandro Veronesi (2019): Nessuno vide bene come andò, tanto fitta era la nebbia, ma poco prima dell'intertempo, in una compressione alla fine del muro, fu udito un urlo straziante provenire dal tracciato, e quando i giudici accorsero trovarono Tavella a terra, svenuto, con mezzo paletto conficcato in una coscia – allora si usavano ancora paletti di legno, e qualche volta il legno si spezzava – e una pozza di sangue che smaltava di rosso il tutt'uno lattescente di neve e nebbia. Sembrava fosse stato attaccato dagli indiani.
Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio (1968): Ruppe la promessa una sera di primo ottobre, la tetraggine sulle colline da sfuggirsi come un colera. Scese sulla città come un assalto di sorpresa, scegliendo nel buio l'accesso più anormale e sicuro Appena al limite della città, un'ombra più nera si stagliò nell'ombra uniforme, gigantesca; e Johnny stascò le mani. Ma il colosso voleva semplicemente fuoco, Johnny gliene diede scostando la faccia dall'alone della fiammella per non esser visto e non vedere. E così vide ai piedi della scarpata ferroviaria un fagottone mobile e guizzante, una donna, guizzante nel primo freddo. Quell'informe macchia lattescente gli diede un tremendo malessere, ma egli filò diritto lontano dal quartiere dei postriboli.
La pietra lunare di Tommaso Landolfi (1939): I rumori cessarono come se tutti si fossero posati per bere e discorrere in pace. Strana conversazione era quella, dove ognuno si dava a conoscere, a Giovancarlo, unicamente attraverso la propria voce; sorgendo dal profondo della pinata oscurità, queste voci, che rappresentavano da sole e in tutto e per tutto il parlatore, acquistavano una particolare consistenza. Esse finirono col diventare, per il giovane smarrito, vagamente luminose, tracce biancastre per il buia, sfilacce di luce lattescente e coagulata (come sangue di scarafaggio) senza riflessi, che traevano e svanivano pigramente; o piuttosto non le voci, |