Il Marchese di Roccaverdina di Luigi Capuana (1901): La forza dell'allucinazione lo domava, travagliandolo internamente, ed egli usciva da quello stato scoppiando in urli più violenti, più forti, in esclamazioni di terrore: — Eccolo! Eccolo!... Mandatelo via! Ah! Ah! Oh! Oh! Il Crocifisso!... Rimettetelo al suo posto, giù, nel mezzanino! Oh! Oh! Ah! Ah! — E i nomi di Rocco Criscione, di Neli Casaccio, di compare Santi di Mauro, facevano capire il tristo cumulo di impressioni che gli aveva sconvolto il cervello, dove la pazzia già si mutava in ebetismo, senza speranza di guarigione.
Gli Uomini Rossi di Antonio Beltramelli (1904): Messibèll si rizzò su le zampe posteriori, abbassando le orecchie con l'aria di timido ebetismo che è sì propria a questi piccoli amici de l'uomo intelligente. La contessa se lo recò fra le braccia, prodigandogli ogni sorta di vezzeggiativi amorosi e una volta ancora, nelle avversità della vita, riconobbe come l'eterna provvidenza, per istabilire il divino equilibrio delle cose, creasse l'uomo, il dolore e il cane.
Il romanzo della fanciulla di Matilde Serao (1921): Più tardi aveva inventato di domandare ai suoi amici che si preparavano per le corse, questa scioccheria: — Con quante bestie vai alle corse, tu? — Maria rideva quietamente, lusingando la vanità di quel cretinello: e parlavano poco fra loro; egli non le diceva quasi nulla, nella dolcezza del suo ebetismo, ma era tutto felice di portare in giro una delle più belle ragazze di Napoli: ella non parlava, col suo contegno di dea riflessiva e sagace. A un tratto la musica tacque, le coppie si misero in giro pel passeggio; dei vassoi di gelati furono presentati attorno, un chiacchiericcio femminile salì dal ponte di prora sino al cielo. |