Arabella di Emilio De Marchi (1888): La Colomba dormiva pesantemente sdraiata sul tappetino. Arabella, riconosciuta la voce del malato, si alzò, pose la lucernetta sul cassettone e si mosse a dargli da bere. Ferruccio s'era un poco levato sul cuscino per togliersi il sacchetto del ghiaccio, che gli scivolava dietro il collo. Vedendo venire verso di lui la signora Arabella, socchiuse gli occhi e dondolò un poco la testa, come chi si accorge di vaneggiare sempre e mostra di compiangere sé stesso.
Il paese del vento di Grazia Deledda (1931): Mentre Marisa accudiva alle faccende e riprendeva a parlare del banchetto, io misi la mia paglia di Firenze col bel nastro infantile, e me ne andai a girovagare nei dintorni. Un uccellino giallognolo, col becco e lo zampine ancora molli, venne giù da un nido: lo presi, lo tenni palpitante fra le mani, col desiderio di portarmelo a casa, anche per salvarlo da qualche gatto. Ma no, uccellino, devi imparare a salvarti da te, con la volontà di Dio. Lo misi sulla siepe: vi si dondolò un momento, incerto e spaurito: poi diede un piccolo trillo e volò su, raggiungendo il nido.
Il resto di niente di Enzo Striano (1986): La strinse, la baciò, stavolta da mozzarle il fiato: le ingombrò la bocca con la lingua. Denudò il seno, che dondolò bianco e grande nel buio. Lo reggeva nelle palme aperte, ne stringeva i capezzoli. Poi lei intravide l'ombra violacea che emergeva dal ventre di lui, la fissò come incantata, incapace di muoversi. Era lui che faceva tutto. Ne sentì le mani alle cosce, dove finivano le calze di seta, seguì lo sciogliersi affannoso dei cordoni. Provò freddo al ventre. Poi la stretta al sesso, umido e caldo, lui si levò, ansimante, minaccioso. Fu allora che qualcosa le scattò dentro, cancellando ogni piacere, piombandola in vergognosa angoscia. |